8 marzo

8 MARZO: LA LOTTA CONTRO IL PATRIARCATO È AL FIANCO DI OGNI OPPRESSX

Il carcere non è che l’immagine estrema di ciò che chiamiamo patriarcato, due facce dello stesso schema di segregazione, di controllo sui corpi in ogni loro aspetto e sulle menti, di sfruttamento, di separazione dai propri affetti, di sofferenza. Nelle parole di chi imprigiona, lo si fa “per il bene dellx imprigionatx” o comunque, perché “se lo sono meritatx”, per essersi ribellate a qualche imposizione morale, sociale, sessuale. Lo Stato in buona sostanza ha per noi la veste del padre-padrone.

 

(8 marzo, carcere femminile di Pozzuoli)

Il controllo sulla sessualità e la riproduzione ed un modello di famiglia tradizionale, sono tra i capisaldi del controllo che lo Stato esercita per ottenere una società a misura di persone bianche, di classe borghese e a dominio prevalentemente maschile. Il progetto di sterminio di Israele, alleato agli Stati occidentali, si inserisce per noi in questa logica. La propaganda islamofoba messa in atto da Israele, come da gran parte dei paesi occidentali si appella infatti “ai diritti”, anche a quelli delle comunità Lgbtq+ per giustificare le azioni genocide messe in atto contro il popolo palestinese. Usando bandiere fucsia e arcobaleno per mostrarsi al mondo come democrazia inclusiva, la guerra di israele in realtà si fonda su una visione dell’ “altro”, in questo caso l’arabx, come inferiore, retrogradx, e quindi da colonizzare e assoggettare.

D’altronde la popolazione è già divisa tra masse sacrificabili e un’èlite dominante, come già avevamo visto bene in periodo di pandemia, soprattutto nelle carceri italiane, quando lo Stato uccise 14 persone. Ne sono evidenza le frontiere e i CPR che da anni uccidono persone senza documenti e senza volto, l’eliminazione di sussidi per un reddito minimo e lo sfruttamento lavorativo che porta a morire di lavoro. L’ultimo governo ha poi emanato il decreto Caivano che mira a colpire e incarcerare le fasce giovanili di origine straniera o dei quartieri popolari in particolare al sud.

Questo esercizio del potere dello Stato sui corpi altrui diventa così uno schema talmente potente, che viene introiettato anche tra lx sfruttatx o ribelli della società, senza che spesso nemmeno ce ne accorgiamo: così, anche i nostri compagni di vita, da alleati nell’affrontare le oppressioni quotidiane, non di rado finiscono per diventare nostri oppressori (ricordiamo che in Italia si consuma un femminicidio al giorno tra le mura domestiche). Se vogliamo che le nostre energie possano concentrarsi nel combattere i nostri principali nemici, allora la liberazione dal patriarcato che pervade le nostre quotidianità è necessaria.

Viceversa, lotta al patriarcato significa per noi necessariamente anche lottare contro le galere, la militarizzazione dei territori, e ogni colonizzatore, che si vesta di fucsia o arcobaleno.

Per questo, oggi vogliamo anche ricordare la strage nelle carceri compiuta dallo Stato l’8 marzo di 4 anni fa, archiviata dai tribunali, silenziata dal giornalismo, oscurata dalla politica istituzionale. Vogliamo ricordare nelle strade che in Italia esistono strumenti di tortura come il 41bis. Vogliamo ricordare che l’Italia è a tutti gli effetti alleata nella guerra genocida di Israele verso il popolo palestinese, complice di uno sterminio portato avanti a colpi di droni made in Italy e anche attraverso le carceri israeliane, un mezzo di guerra in cui lx prigionierx subiscono la tortura, gli stupri e le uccisioni da parte dei militari israeliani. L’etichetta di terroriste, infine, mira a screditare le lotte e legittimare sullx prigionierx ogni tipo di eccezione dei cosiddetti diritti umani.

Il prossimo 12 marzo, lo Stato italiano deciderà se estradare verso Israele, su richiesta di quest’ultimo, il prigioniero palestinese Anan, detenuto insieme ad altri prigionieri politici, tra cui i compagni anarchici Zac e Juan, nella sezione As2 di Terni. Allo stesso modo, l’Italia è complice delle torture dello stato ungherese perpetrate nei confronti di Ilaria, militante italiana imprigionata da più di un anno a Budapest in ragione del suo antifascismo, e di ciò che subiscono tutte le altre persone prigioniere nello stato di Orban, in quanto alleato del governo italiano.

Il tempo degli orticelli tranquilli è finito, se non al prezzo alto della nostra libertà. Dobbiamo metterci in gioco, reimparare a pensare che la liberazione è possibile e agire di conseguenza.

Alcunx compagnx femministx anarchicx

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