Il 1 gennaio nel reparto Senna del carcere di Santa Maria Capua Vetere le donne detenute, circa 50, hanno protestato dopo l’ennesimo maltrattamento di una di loro da parte del medico di turno. C’è stata una battitura e sono stati bruciati alcuni asciugamani.
Della notizia non ha parlato quasi nessuno, se non un paio di articoli che concludono invocando più sicurezza per la polizia penitenziaria, che sarebbe oggetto di continue violenze da parte delle persone detenute. Gli stessi secondini noti per la mattanza dell’Aprile 2020 e di cui un centinaio sono ora sospesi e sotto processo, insieme a diversi funzionari del DAP. La stessa penitenziaria che ogni giorno maltratta, abusa e uccide in questa e in tutte le altre carceri italiane.
Mentre i sindacati di polizia penitenziaria piangono miseria e i vertici del ministero di giustizia fanno di Santa Maria Capua Vetere un caso esemplare per ripulirsi la faccia della strage di Stato avvenuta a Marzo 2020 nelle prigioni italiane, ricominciano a scoppiare focolai in diversi reparti dappertutto. In Campania, sia a Poggioreale che a SMCV sono diverse decine le persone detenute positive. Ma i contagi all’interno non fanno più notizia. Dopo l’iniziale clamore della campagna vaccinale, è evidente che la situazione strutturale di malasanità e sovraffollamento non è mai cambiata.
Ieri un piccolo gruppo di solidali è andato sotto le mura della prigione per portare un grido di solidarietà alla lotta delle detenute di SMCV. Dopo i primi cori, la risposta da dentro è stata immediata, con battiture e urla – “Libertà, hurryia, indulto”. Il saluto è durato poco, ma il messaggio di rabbia e resistenza da dentro è stato forte e chiaro. Torneremo, non mollate.
Tuttx Liberx